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E la Fenice si tinse di giallo – Intervista a Pierfrancesco Poggi

today17/03/2021

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Certo, di questi tempi ne vengono pubblicati tanti di gialli. Forse fin troppi. A fare uscire dal coro Molière col morto, terza prova narrativa per Solferino Libri del poliedrico Pierfrancesco Poggi – drammaturgo, attore e cantautore –, è il fatto che alla finzione poliziesca si intreccia qui un’autentica, sincera testimonianza su una stagione irripetibile del nostro teatro. Quella degli anni 70, dei Luca Ronconi e dei Carmelo Bene, che Poggi (nato nel 1953 a Pisa) ebbe modo di vivere in presa diretta. Così, giunti a pagina 326 del volume, oltre all’identità dell’assassino della giovane attrice Marcellina Feltre strangolata alla vigilia della prima veneziana de Il Misantropo di Molière, si sarà anche appresa buona parte del funzionamento della macchina teatrale (che speriamo tutti si rimetta in moto appena possibile), nonché il gergo della scenotecnica, del tutto oscuro ai non iniziati. Spraynews.it ha incontrato Poggi per i suoi lettori.

Le inchieste precedenti del commissario Passalacqua si svolgevano nella Versilia del boom economico e nella Milano degli anni di piombo. In Molière col morto la vicenda è ambientata a Venezia nel 1979. Descrive quei luoghi come effettivamente li ha vissuti?
Sì. Quei luoghi li racconto come li ho vissuti, compresi alberghi (gli hotel Bonvecchiati, La Fenice e Gritti Palace, che ci sono ancora, ma anche l’Hotel Terminus che nel corso degli anni è diventato l’Hotel Bellini,….), ristoranti (compresi La Colomba, Al Graspo de Ua oltre al leggendario Harry’s Bar) e residence.

Certo, ancor più di Venezia in Molière col morto è protagonista il Gran Teatro La Fenice, che Lei pare aver conosciuto a menadito, perlomeno fino a quel fatale 29 gennaio 1996.
In quel teatro nel 1978 ho fatto le prove e recitato nelle Femmine puntigliose di Carlo Goldoni con la regia di Giuseppe Patroni Griffi, con un costume creato dal futuro premio Oscar Gabriella Pescucci. Aprivo lo spettacolo, accompagnandomi con la chitarra, cantando una canzone scritta per me dal maestro Ennio Morricone, altro futuro premio Oscar. Quel teatro non posso dimenticarlo e nemmeno l’applauso a scena aperta che prendevo ogni sera.

Il suo giallo è nel contempo un piccolo saggio sul mondo del teatro, con i suoi meccanismi e rituali, grandezze e meschinerie, manie e superstizioni. Persino col suo glossario particolare, fatto di cantinelle, scrosce e “nomi in ditta”. Oggi prevale la continuità o il cambiamento?
A prescindere dal fatto che nel periodo da me descritto erano attivi in Italia almeno venti registi di spessore internazionale, all’epoca s’investiva molto nel teatro. Credo che quei fasti siano irripetibili. I costi, oggi, non sono sostenibili. Si tende a mettere in scena testi a pochi personaggi, possibilmente in abiti contemporanei e scenografie inesistenti. Da questo punto di vista il mio libro è una testimonianza.

Negli ultimi tempi il teatro già aveva problemi, ai quali si aggiungono da un anno le grandi difficoltà legate alla pandemia. Il mondo che Lei descrive rischia di continuare a vivere solo nelle pagine dei libri?
La pandemia ha inferto ferite dolorose, soprattutto alle maestranze. Come si capisce dal mio libro e come molti sanno, i tecnici di teatro sono degli specialisti, portatori di un artigianato e di sapienze antichi. E proprio loro sono stati i più colpiti.      

In Molière col morto lei menziona a margine dei personaggi di finzione i veri protagonisti del teatro di allora, dai già citati Patroni Griffi e Pescucci a Franca Valeri, fino a Lindsay Kemp. Aveva in mente qualche attrice particolare quando ha ideato la figura della “crudelmente bella” Marcellina Feltre?
I personaggi reali citati, oltre che rendere più vero il racconto, sono dei tributi di affetto ad artisti straordinari e persone adorabili. Che mi mancano molto. Attrici bellissime ne ho incontrate, ora su quanto fosse crudele la loro bellezza non sono in grado di valutare. Bisognerebbe chiederlo a quelli che hanno molto sofferto per loro…

Il suo libro evidenzia l’attualità dei caratteri delineati nel Misantropo di Molière: nella Sua carriera si era già cimentato con questa commedia?
Di Molière mi sono cimentato con L’avaro, insieme a Paolo Stoppa; ne rimane una bella versione televisiva della RAI. Con Il misantropo purtroppo no: ho solo sfiorato il ruolo di Oronte, ma io sono un Alceste nato, sono anni che rimugino su questo personaggio e mi porto dietro il ricordo dell’interpretazione sorprendente di Carlo Cecchi.

Il primattore Romolo Lanfranchi confessa a Passalacqua: “Io sulla scena sono tranquillo, in questa finzione senza sorprese ripetuta all’infinito, fino a che quell’infinito, finto anche lui, si esaurirà e dopodiché sarò il nulla. Come forse sono sempre stato”… Quella di voi attori è più angoscia o tranquilla rassegnazione?
Parlo per me, essendo un po’ apprendista bipolare: un giorno angoscia, un giorno rassegnazione. Nei momenti di noia, pura finzione. Con i miei amori, ahiloro, una recita vittimistica. Davanti a del vino buono, una spudorata allegria.
 
Il suo è un giallo dove però si ride anche molto. Complice anche la caratterizzazione dialettale di molti personaggi, dal veneziano al romanesco, dal piemontese al napoletano verace. Sulla parlata partenopea ha avuto una consulenza – lo deduco dai Ringraziamenti –… e sulle altre?
Sul napoletano mi ha assistito Franco Acampora, uno dei più attenti interpreti di Raffaele Viviani. Sul veneziano la mia collega Michela Martini; sul romanesco, sa, vivo a Trastevere da quarantacinque anni…

Mi parli della gestazione di questo libro: quando ha iniziato Molière col morto? Aveva la trama in testa prima di mettersi a scriverla oppure ha preso forma mentre vi lavorava?
Mi è uscito di getto nel 2017, ed è stato il primo della serie. La mia straordinaria editor, Michela Gallio, ha scelto però di partire con il secondo in ordine di scrittura, ma antecedente come ambientazione: La banda di Tamburello. Ed è stata la fortuna di questo libro che ho riscritto più di trenta volte: sono tornato a Venezia per ritrovare i luoghi che avevo raccontato e mi sono giovato di più di seimila ore di lavoro. E lo rifarei da capo.

In certi passaggi la descrizione sembra procedere per inquadrature cinematografiche: Lei visualizzava la storia come un film mentre la descriveva a parole?
Mi viene naturale, ma sono stato istigato a questo e a non limitarmi nei dialoghi, sempre da quella santa ragazza della Gallio, che omaggio maldestramente mettendo en passant, in tutti i miei scritti, una donna affascinante dai capelli rossi come i suoi. 

Se un bel giorno Molière col morto diventasse una pellicola, chi vorrebbe fosse il regista? E chi impersonerebbe idealmente Passalacqua, Cadorna e Marcellina Feltre?
Non farei mai a un regista la cattiveria di anticipargli il cast. Quanto al suo nome mi andrebbe bene anche mio figlio Guglielmo, che sul cinema ci acchiappa parecchio.

Quale disco consiglia come sottofondo per la lettura di Molière col morto?
Non Il giro di vite (The Turn of the Screw), l’opera di Britten citata nel libro, perché è troppo dissonante. Direi Il concerto di Colonia (The Köln Concert, 1975) di Keith Jarrett.

Siccome nelle Sue pagine cita anche nobili tannini e distillati, non posso non chiederLe cosa sorseggiare mentre si sfoglia il suo libro.
Un Bloody Mary, direi…

A quando la prossima indagine di Passalacqua e dell’agente Cadorna? E dove avrà luogo?
Ci sono due possibilità: un prequel a Napoli a inizio carriera, nel 1961, dal titolo La maledizione della Regina Nera. Oppure: Halta marea resort, delitto a Nosy Be, ambientato nel 1985 tra Roma, vari aeroporti e un villaggio turistico su un’isola del Canale del Mozambico. La persona che Passalacqua avrà al fianco sarà sempre diversa. Nessun commissario può farsi trasferire il suo fido collaboratore e, com’è stato finora, cambieranno. Nelle precedenti vicende Passalacqua aveva al fianco, in Versilia, l’agente Dal Poggetto, un padre di famiglia pisano con tre figli. A Milano, il corpulento e sconsolato agente Palumbo, napoletano, abbandonato dalla moglie. Solo a Venezia incrocia il suo destino con il pallanzotto Cadorna. Nell’ultima storia prevista, sarà una giovane agente donna.

Scritto da: Davide La Cara

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